di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 07 settembre 2016 ore 13:30
Lasciata Nashville alle spalle, ho raggiunto la seconda Mecca della musica (rock, blues, soul, quella che preferite). Tra una visita al Sun Studio e una bevuta in Beale Street non mi sono fatto mancare una capatina alla Memphis Gibson Factory, di cui vi regalo giusto un piccolo teaser.
Avevo due giorni da spendere a Memphis. Il primo se n’è andato tra Graceland e il Sun Studio (ci sono un sacco di cose interessanti di cui vi devo parlare, con calma al mio rientro lo farò). Il secondo sarebbe stato dedicato a Gibson. Tutto bene, se non fosse che proprio quel giorno tutti i tour fossero annullati per problemi tecnici. Dopo un primo momento di sgomento, decidiamo di tardare di qualche ora la partenza per New Orleans (che dista circa sei ore di macchina da Memphis) e visitare la factory il giorno dopo. Penso che manco la nuvoletta di Fantozzi possa essere paragonata alla chiusura della Gibson il giorno in cui mi trovo a Memphis per visitarla. Fortuna che il giorno dopo tutto riprende regolarmente e posso concedermi un giro nella sacra cripta dove il mogano prende forma e l’acero s’infiamma.
Il tour dura non più di 45 minuti, ma sono sufficienti per apprezzare al meglio ogni dettaglio della produzione. Si parte dall’essiccatoio dove vengono lasciati i legni a perdere un po’ di umidità. Si prosegue verso il taglio e l’assemblaggio. Ognuno ha il suo compito ed è questa forse la più grossa differenza che si vede subito rispetto a un laboratorio di liuteria dove il liutaio segue ogni fase della lavorazione di uno strumento e ne segue ogni aspetto.
La cura che ho visto prestare per i dettagli a questi lavoratori di ogni età è davvero maniacale, non vi dico le lacrime versate sui pezzi di scarto che “oddio avreste potuto darli a me, no?!”. La realizzazione delle Gibson prodotte a Memphis è certo industriale e industrializzata, ma praticamente ogni passaggio è realizzato a mano e con i dovuti tempi, insomma, è un lavoro più vicino a quello di un laboratorio di quanto si possa immaginare. È un’esperienza che mi ha lasciato davvero colpito. Sono entrato pensando di restare deluso, aspettandomi un bel macchinario in cui inserire tronchi di mogano e acero e aspettare le Les Paul fatte e finite dall’altra parte (no dai non è vero, avevo più o meno idea di com’era la situazione) e sono uscito con il sorriso, e con un po’ di segatura nei polmoni, con il ricordo bene impresso nella mente di una giovane 335 che ho visto diventare da natural a Sunburst per poi vederla sparire nella cabina di asciugatura e della splendida Les Paul Memphis con Bigsby con cui ho passato una mezz’oretta in attesa dell’inizio del tour.
Purtroppo all’interno della factory non è possibile realizzare foto e video per tutelare i lavoratori e i segreti mistici della realizzazione degli strumenti. Vi lascio però con un paio di foto (seguirà gallery più dettagliata) di uno strumento con un cartellino decisamente pesante.