E’ un venerdì sera ed ho appena accompagnato mio figlio dal dentista quando squilla il telefono. Un amico batterista con cui non ho mai suonato prima mi chiede se il giovedì successivo sono disponibile per una serata. La situazione è interessante e le possibilità che si potrebbero aprire ottime per cui mi rendo disponibile all’istante. Un NO, per quanto lecito, può chiudere diverse porte, il che sarebbe un peccato.
Circa un’ora dopo mi viene recapitata la scaletta con un wetransfer pieno zeppo di pezzi singoli, medley con repertorio che va dagli anni 70 ad oggi. Guardo la lista e già mi pento di aver accettato, anche se ad un secondo sguardo riconosco gran parte del repertorio avendolo suonato fino a quindici anni fa almeno 3-4 volte a settimana.
Se pò ffà.
Approfitto subito di alcune ore libere e mi preparo un quadernone, gli auricolari, la chitarra e comincio a studiare. Termino a notte fonda, ma già rinfrancato. Nel giro dei 5 giorni successivi farò una vera e propria full immersion, svegliandomi anche all’alba per ripassare tutto e prendere appunti. Di mezzo ci vanno una prova con amici in sala (fissata da tempo), una prova in acustico per altre serate imminenti e tutti i normali gli impegni di lavoro e famiglia (inclusa una giornata al mare!). Quando non potevo avere la chitarra fra le mani sfruttavo i tempi morti per ascoltare a ripetizione i pezzi che non conoscevo. Tanto stress e molta ansia, che però in qualche modo giro a mio favore per concentrarmi sul lavoro da svolgere.
Mi organizzo in modo da scremare prima le armonie, individuando le tonalità, per poi approfondire eventuali passaggi (riff, linee melodiche meno importanti, scelta dei suoni). In queste situazioni è di grande utilità avere un buon orecchio relativo anche solo per intuire che dopo un RE magari ci andrà un SOL o un SIm, in modo da non dover fare solo affidamento sulla memoria.
In termini di strumentazione ero inizialmente orientato verso un tradizionale setup pedali+amplificatore: maggiore controllo, bei suoni garantiti e la possibilità di contare sul fattore psicologico dato dall’avere un sound consolidato alle proprie spalle. Strada facendo, mentre studiavo, realizzo però una patch su Helix con due amply, un clean ed un distorto, con varie sfumature di gain, da sfruttare all’occorrenza, che mi convince assai per cui alla fine decido di optare per questa soluzione, sfruttando anche un’ottima IR di Luca Colombo e i sempre comodissimi snapshot. I clean erano 4: uno senza effetti ma compresso per arpeggi ed accompagnamenti (su cui attivare un wah per le ritmiche funky o un delay per avere maggiore spazialità), uno con Chorus, uno con Rotary ed uno con Phaser per ritmiche funk diverse, tutto sempre condito da delay sui quarti se necessario. Le distorsioni andavano invece da un semplice overdrive fino salire verso sfumature più heavy, con in più un tremolo impostato sui sedicesimi, che credetemi, risolve mille situazioni quando si deve suonare ma non si sa bene cosa!
Il giorno del live stampo il setlist a caratteri cubitali con alcuni appunti (soprattutto le tonalità o le progressioni meno intuitive).
Decido di portare due chitarre: una normalissima Stratocaster American Standard con 3 single coil noiseless della Seymour Duncan, con cui ho affrontato mille live, ed un’Ibanez AZ2402 (due Humbucker e 24 tasti). Quest’ultima avrebbe fatto da muletto ed in più avrei potuto sfruttarla per emulare alcuni dei suoni Les Paul richiesti qua e là dalla scaletta.
Arriviamo in loco (una piazza, persa nel verde di una valle nel Centro Italia) ed Iniziamo il check. Collego la pedaliera sia all’impianto ed al monitor di palco che alla mia testata + cassa DV Mark, molto duttile, in grado di reggere in maniera credibile sia pedali che Helix, posizionandola alle mie spalle, a beneficio mio e di tutta la band, per avere un po’ di sound di chitarra “tradizionale” all’occorrenza. Un amply valvolare con Helix non avrebbe avuto la stessa “botta” a mio avviso mentre il DV Mark funziona quasi come un finale + cassa equalizzabili.
Il segnale è semplicemente splittato in due: da una parte la catena termina nell’IR e va nell’uscita XLR, a beneficio del fonico, mentre dall’altra un segnale senza alcuna simulazione di cassa ed un taglio sugli alti (intorno ai 5kHz) che va a finire nell’input dell’amplificatore. Mi rendo subito conto che la Strato non suona come avevo preventivato: sottile e troppo squillante, insomma non piacevolissima. Questo a riconferma di come spesso un’apparecchio digitale sia in grado più di un amply di valorizzare il suono originale di uno strumento. In un contesto diverso, con più tempo a disposizione e con la necessaria tranquillità, avrei speso qualche minuto per aggiustare alcuni parametri e migliorare la patch (nojn mi avrebbe spaventato nemmeno cambiare l'amply nella patch) ma in questo caso non c'era proprio la possibilità per cui prendo direttamente l’IBANEZ per vedere come stanno le cose e la differenza è abissale: suono pieno, sustain etc Un paio di regolate ad livelli e decido di promuoverla a titolare per tutta la serata. Tra l’altro il manico è comodissimo e mi tornerà utile per combattere l’inevitabile tensione che arriverà quando saliremo sul palco, anche perché non c’è molto tempo per fare un buon soundcheck, quindi si fanno i livelli generali e via. I 10 suoni del sistema Dynamix faranno il resto quando mi servirà un qualche sonorità diversa.
Iniziamo!Non fa caldo ma l’umidità è a livelli incredibili e la strumentazione è fradicia. Mi faccio timidamente spazio fra i pezzi cercando di suonare “di contorno”, accompagnando senza rubare troppo spazio, ma facendo sentire la mia presenza. Ho anche un paio di soli chiamati al volo perché non segnalati prima su cui me la cavo, fino a quando non arriviamo ad un medley che sulla carta non mi dava alcun pensiero perché già suonato mille volte. Partiamo e capisco subito che c’è qualcosa che non va: le tonalità sono totalmente diverse!E’ un bel problema e devo risolverlo subito, per cui aggiusto subito il tiro al volo ad intuito. Mi faccio uno schema mentale di cosa mi attenderà nei prossimi minuti per agire d’anticipo e programmare una trasposizione, ma no...non sono così bravo!. Decido che mi preoccuperò di un pezzo alla volta e fortunatamente riesco a cavarmela individuando al volo, ovviamente con un po’ di ritardo, le varie tonalità, ascoltando il bassista (bravissimo), per cui “ricavo” poi al volo gli accordi seguenti e le soliste, pur senza commettere qualche errore. Ovviamente alcuni programmi vanno a farsi benedire perché non è semplice riorganizzare la tastiera al volo: provate a “visualizzare” una progressione non comune, studiata in magari SIb, trascinandola in RE# in pochi istanti, sul palco, con in più la necessità di sorridere, muoversi a tempo ed avere la giusta attitudine!
Arriviamo a fine serata e scendiamo dal palco, la band è tutto sommato soddisfatta, io un po’ meno, ovviamente, perché pretendo sempre molto da me stesso, dopo tanti anni di palco. Gli errori ci sono stati, e pur meritando tutte le attenuanti del caso viste le circostanze, a freddo rifletto su cosa avrei potuto fare per mitigare i rischi. Il tempo per studiare era quello e io l’ho sfruttato al meglio quindi posso rimproverarmi poco, ma ho sicuramente scelto il setup sbagliato: magari ho semplificato la vita al fonico senza un amplificatore da microfonare ma avere i pedali ed un suono più familiare mi avrebbero forse fatto suonare più a mio agio. Non che la Helix suonasse male ma la patch era nuova e non avevo familiarità con i suoni per cui ho dovuto aggiungere una preoccupazione in più che mi sarei potuto risparmiare. Questo è sicuramente un errore: in caso di rischio le variabili devono essere ridotte al massimo. In più, rimpiango di non aver portato con me la fidatissima Music Man Luke, che può reggere da sola qualsiasi repertorio, anche se l’AZ si è comportata egregiamente: ho sfruttato i suoni in posizione centrale (entrambi gli humbucker) per le ritmiche funk, le bobine interne ed esterne per i puliti, il coil tap per i suoni di single coil, in cui serviva “svuotare” il suono. Davvero una bella comodità!
Nonostante tutto sento pronunciare la frase per cui ho lavorato nei giorni precedenti “…senti ma eventualmente ci saresti se ti chiamiamo ancora?” Certo che si! Ecco, forse con un po’ di fortuna si aprirà una nuova porta.
Cosa ricavare da questa esperienza?Beh che per un musicista o aspirante tale le connessioni, le amicizie, contano tantissimo. Farsi trovare pronti e disponibili è fondamentale. Lo scorso Gennaio avevo il Covid ed ho dovuto rifiutare una sostituzione dell’ultimo minuto. Il ragazzo chiamato al mio posto è entrato nella band in pianta stabile ed ora stanno facendo cose importanti…
E’ importante conoscere l’armonia, soprattutto nelle tonalità meno battute, perché spesso le cantanti hanno necessità di cantare in tonalità tipo REb o SIb, che non hanno corde a vuoto o le forme di accordi più familiari a noi chitarristi.
Il tempo per la musica BISOGNA trovarlo e lo si trova se si vuole. Per provare ho rinunciato ad un paio di allenamenti in piscina, sono andato a letto tardi più volte e mi sono svegliato alle 6 perché avevo una responsabilità verso chi mi ha affidato un compito. Avere una famiglia che ti sostiene, poi, è fondamentale e mia moglie è una santa! E voi, avete avuto esperienze simili?
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