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I gigli di Fullerton
I gigli di Fullerton
di [user #9523] - pubblicato il

Un circuito di oltre mezzo secolo fa come il 5E3, conosciuto anche col nome di Fender Deluxe, è in grado di emozionare ancora. Oggi è possibile seguire il suo schema e replicare uno degli amplificatori più registrati della storia con componenti scelti e tecniche moderne.
Un circuito di oltre mezzo secolo fa come il 5E3, conosciuto anche col nome di Fender Deluxe, è in grado di emozionare ancora. Oggi è possibile seguire il suo schema e replicare uno degli amplificatori più registrati della storia con componenti scelti e tecniche moderne.

Qualche tempo fa, a un mio breve diario nel quale manifestavo l'intenzione di replicare un famoso amplificatore della Fender che usavo negli anni '60, l'amico Cordarotta commentava così:
"Mi aspetto che questo diario sia solo l'inizio di un racconto che ci farà seguire gli sviluppi di questo progetto sentimentale perché, con queste righe, mi hai in qualche modo emozionato".
Spero, con questo scritto, di continuare a emozionarti, proponendo qualche performance di questa circuitazione esigua e davvero minimale nata nel lontano 1957 dal genio dell'equipe Fender e che ha attraversato molti stili, assistendo imperterrita alla evoluzione degli stessi.

Si tratta naturalmente del 5E3, o Deluxe Amp, che impiega nel pre una intera 12AY7 più un solo triodo di una 12AX7, delegando l'altra metà al ruolo di sfasatrice per asservire due 6V6 che rappresentano le finali di potenza.

Il circuito di alimentazione è affidato a una 5Y3, doppio diodo rettificatore e, come serbatoi di corrente, vengono adottate tre piccole capacità da 16 microfarad.
Nessuna controreazione, nessuna impedenza di filtro, nessun circuito di bias che possa essere variato dall'utente.

I gigli di Fullerton

Nel '57 era imperante il rock and roll e il nostro piccolo ampli rivelava magnificamente le frasi veloci e pungenti di quello stile che aveva avuto larghissimi consensi per la sua struttura e per la diffusione nelle numerose sale da ballo, ma l'avidità delle case discografiche ne aveva sbiadito il contenuto anticonformista a tal punto da renderlo borghese e manieristico.


Nasceva intanto in Inghilterra il movimento beat con il quale nuovi valori - suffragati da atteggiamenti provocatori per la società del tempo come portare i capelli lunghi, parlare di pace e di amore e sopratutto l'interesse sviscerato per le religioni orientali - si sovrapponevano inesorabilmente esasperando l'uso di strumenti elettronici e ponendo in grande risalto l'aspetto scenico e spettacolare della musica.

Bluse dai colori vivaci, gonnelline trapunte, unghia lucenti e picchettate di bianco e di ocra, fibbie intrecciate di steli che raccoglievano i lunghi capelli, labbra dipinte, larghe cinture di cuoio e frange pendenti, idee di rivoluzione, contrasti verso un sistema antico e bigotto, questi erano i modi e i sensi inquietanti degli anni sessanta che trovavano nella musica la loro più alta espressione trascendendo a volte, ma sempre con una certa coerenza di espressione allineandosi alla nuova realtà sociale che presto avrebbe cambiato il mondo.


Naturalmente l'uso di questo amplificatore negli anni '60 era larghissimo, specialmente in America dove veniva spesso dedicato all'intramontabile blues o alla country music, nella magia della sua espressione che spesso riprendeva i ritmi del cavallo e proponeva l'affascinante filosofia della solitudine e della prateria.

Data l'esiguità dei mezzi durante quegli anni che hanno visto il formarsi di numerosissimi gruppi era spesso in uso collegare due strumenti allo stesso amplificatore e ne nascevano sonorità abbastanza insolite dato che si trattava di apparecchi monocanale magari dotati di due ingressi, come nel caso del 5E3, che gode di due diversi input che vengono amplificati e rivelati in maniera molto diversa accusando un totale dimezzamento di volume.

Il video seguente ripete la melodia di una vecchia registrazione dove, insieme con un altro chitarrista, usavamo il 5E3 in questo modo. Era il 1965.


Non sono qui a raccontarvi la forte emozione nel sentire di nuovo, a distanza di quasi cinquant'anni. Quel suono inconfondibile, emozione che ho tentato di trasmettere a musicisti giovanissimi come mio figlio il quale, pur apprezzandone il suono, non riusciva a decodificare il motivo di tanta trepidazione.

I gigli di Fullerton

Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.

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