Batteria: 50 dischi fondamentali. "Moving Pictures" dei Rush
di Jonathan Vitali [user #46516] - pubblicato il 29 gennaio 2020 ore 18:00
Neil Peart è stato un'icona della batteria, un riferimento nel rock e nel progressive. La sua recente scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile e doloroso. Celebriamo Peart ricordando "Moving Pictures" l'album capolavoro dei Rush.
Nei primi anni ottanta, l’avvento dell’allora recente movimento punk aveva spinto il pubblico ad ignorare le band considerate complicate e virtuose a favore di un approccio musicale più immediato. Brutti tempi per li gruppi progressive! In questo contingente storico i Rush ebbero la sensibilità di capire come stava evolvendo l’estetica musicale del momento e intrapresero un brillante rinnovamento stilistico.
Senza snaturare quella che era la loro indole tecnica nella messa in opera delle loro idee, iniziano ad accorciare i loro brani rendendoli più fruibili e colorandoli con una leggerezza inedita che però non ne minava il valore dei contenuti.
Neil Peart, pioniere nello sposare le nuove tecnologie con classica batteria acustica, inizia ad inserire nel suo kit dell’elettronica. Anche i testi si liberano della retorica pomposa e dell’utopismo pessimista di tanto progressive e puntano l’attenzione su tematiche razionali e temi più tipicamente rock. Autore della maggior parte dei testi era lo stesso Neil Peart.
"Moving Picture" va in questa direzione stilistica. Sull’onda del successo delle hit come “Tom Sawyer”, “Red Barchetta” e “XYZ” l’album diventa un classico dei Rush e regala alla band un periodo di grandi soddisfazioni e tranquillità.
Questo periodo magico della band viene drammaticamente interrotto nel giro di 10 mesi fra il 1997 e 1998 quando un destino spietato si abbatte proprio su Neil Peart. Peart perde la neomaggiorenne figlia in un terribile incidente stradale e, subito dopo, la moglie per una malattia inguaribile. Una sorte feroce che fa piombare il batterista in periodo di stop indeterminato. Peart si stacca da tutto e si rifugia nei viaggi in motocicletta: ne intraprende uno lunghissimo che troverà la forza di trasformare in un libro, “Ghost Rider” lavoro intenso e commovente che non possiamo far altro che consigliarvi di leggere. Bisognerà aspettare il 2002 per vedere Peart di nuovo all’opera con i Rush.
Neil Peart era un fan della tecnica del grande Buddy Rich ma si era lasciato influenzare anche dal Rock di Keith Moon degli Who ed era letteralmente ammaliato da John Bonham, per Peart un vero e proprio idolo.
Peart è stato un musicista devoto allo studio, che ha sempre continuato a migliorare ed evolversi nei suoi oltre 30 anni di carriera con i Rush, contribuendo a elevare il linguaggio della batteria. Neil Peart è conosciuto per l’eccezionale indipendenza fra i quattro astri, ed è considerato un maestro nel suonare in qualsiasi tempo in maniera musicale e fluida. Nella sua carriera si è distaccato dal drumming comune elevandosi a vera icona della batteria. Basti pensare al suo set: scenografico, ricco di piatti e percussioni di ogni tipo, una sezione di elettronica che compone un drum kit a 360 gradi. Nulla di questa esuberanza in fatto di strumentazione appariva mai come ostentazione di ego. Ascoltandolo e guardandolo suonare, si percepiva immediatamente che ogni singolo tool garantisse a Peart parte irrinunciabile di un insieme che gli garantiva un habitat naturale, un paradiso fatto di percussioni, tutte orchestrate con intelligenza, profondissima conoscenza e - sopra ogni altra cosa – musicalità. Peart sapeva deliziare il pubblico con lunghi assolo senza mai stancare.