Questa storia comincia in modo strano, o meglio, non tanto strano se consideriamo che il protagonista della stessa (il sottoscritto) è un malato di restauro con la folle convinzione che qualunque cosa, con tempo e fatica, possa tornare all'antico splendore.
Purtroppo però non sempre le cose vanno per il verso giusto e un recupero estivo di un vecchio Gibson Titan in pochi mesi è diventato un incubo, oltre che un rompicapo insolubile.
Come si può ben vedere, l'amplificatore era un orrendo ammasso di ruggine, completo sì, ma decisamente devastato da decenni di incuria. Una persona sana di mente lo avrebbe lasciato là dove si trovava, io l'ho preso al prezzo di un delay di fascia media.
L'acquisto può già considerarsi un grosso errore, ma il peggiore l'ho fatto dopo: anzichè portare il tutto da Gwyneth (che mi avrebbe senz'altro preso a calci per tutto il perimetro del suo Antro), mi sono deciso a sistemare prima il mobile e le parti in metallo, lasciando l'elettronica per ultima (tanto mica è fatto per suonare...). Dopo mesi di strofinii, sfregamenti e quant'altro, le parti del mobile si presentavano così, belle come il sole.
Ovviamente, quando si è trattato di far le cose importanti, ovvero ripristinare il crossover passivo e la testata, tutto è andato a rotoli: quel che non aveva fatto la ruggine passante lo aveva combinato l'incuria e le svariate riparazioni subite. Risultato: irrecuperabile.
A quel punto, per la prima volta in mesi, Gwyneth apriva i miei occhi, facendomi rendere conto di aver realizzato un bellissimo mobile per liquori a due ante, ma di far funzionare quel vecchio Gibson neanche a parlarne.
A questo punto ho agito seguendo il cuore: ho portato testata e cassa (nonché mesi di sudore) dal buon Gwyneth, che se ne era innamorato, e gli ho proposto l'antica formula dello scambio accordiano: volevo da tanto uno dei suoi piccoli 5 watt, mentre ricostruire da zero tutta la complicatissima elettronica di quel mostro da 100 w (quattro 6l6) sarebbe stato possibile solo per un addetto ai lavori, dato che il solo preventivo in ore di mano d'opera per un lavoro del genere è semplicemente spropositato (e sinceramente avevo anche iniziato a odiarlo, quel dannato Gibson).
Paolo inizialmente non intendeva accettare, essendo ben conscio del valore di alcune delle parti (quelle buone, s'intende) della bestiola, ma poi è bastato fargli capire che quello che a me interessava realmente era divertirmi con il suo 5 watts e, perché no, dargli un segno tangibile della mia riconoscenza per tutti i lavori, le riparazioni, le consulenze telefoniche che mi ha dato in questi anni di amicizia. Oltre a ciò, mi piace pensare che nelle sue mani, un giorno, quel vecchio ampli potrà tornare a suonare, mentre con me sarebbe stato condannato a un muto oblio.
È fatta: il Red Frog, erede spirituale del Twiggy, torna a casa con me!
Però c'è un piccolo problema: è solo un telaio con l'elettronica, urge assolutamente dotare cotanto amplificatore di una veste degna del suo sound.
Per la realizzazione dei mobili di testata e cassa ho dovuto importunare un altro amico: Enzo Silvestro, espertissimo manipolatore di legnami e affini, ultimo erede in una scuola, quella della Falegnameria Napoletana, che ormai conta pochissimi allievi.
L'idea era quella di rivisitare il piccolo mobile del Twiggy originale aggiungendo due prese d'aria in stile automobilistico sul davanti e preservando il foro-maniglia sulla sommità della testata, che è un tratto distintivo dei mostriciattoli di Gwyneth.
Prima scelta da farsi: in che legno realizzare il mobile. Messo da parte il massello, sprecato per una realizzazione destinata a una verniciatura coprente, abbiamo optato per il multistrato marino di betulla da 18 mm, un carroarmato in pratica, facile da modellare e da verniciare. Realizzare le finestre sul davanti è stata la cosa più complessa, infatti è stato necessario costruire prima una dima apposita e poi forare il pannello, in modo da ottenere un risultato preciso.
Oltre al mobile della testata, ho poi provveduto a realizzare una cassa in stile, nello stesso materiale della testata, con una simpatica caratteristica: il pannello posteriore è formato da tre listelli rimovibili così da poterla usare come open, semi open o closed back. È una caratteristica che permette di adattare la voce della cassa alle diverse situazioni live, da provare. Il cono scelto è un Eminence Legend, nello specifico una rivisitazione del Celestion Greenback, che va a nozze con i suoni Marshall vecchio stile di questo piccolo ampli in formato lunchbox. I 5 watt suonano benissimo su questa cassa, con un volume impressionante per la potenza dell'amplificatore: in registrazione ho dovuto abbassare i livelli di ripresa un paio di volte per evitare che l'SM57 clippasse.
La scelta del colore, invece, è stata obbiligata: un bel rosso corsa, semplice e d'impatto, che riprende il tema automobilistico che volevo dare a questa creazione e che si sposa alla perfezione con le parti in alluminio.
Il piccoletto suona divinamente. È aggressivo, mai scontato o "già sentito" nonostante l'inconfondibile anima british che lo contraddistingue e mi dà tante soddisfazioni sia con la Stratocaster sia con la Firebird, che di solito non riesco ad abbinare con facilità a uno stesso ampli salvo ritoccare pesantemente l'EQ. Su questo ampli semplicemente non si può. C'è solo un controllo di tono e qui la scelta stilistica di Paolo aka Gwyneth è chiara: questo è il suo suono, o lo si ama o lo si odia, nessun compromesso.
Curiosità per maniaci: è molto sensibile al cambio di valvola pre: con le russe è cattivissimo, con le cinesi quasi HiFi, con le vecchie USA... con le vecchie USA è divino, infatti al momento monta una bellissima RCA del 1954.
Vi lascio con questa piccola registrazione, dalla quale spero possano trasparire l'amore e la passione che hanno dato origine alla storia che vi ho raccontato.
|