Pochi chitarristi possono vantare un’affezione a un marchio come quella che Marty Friedman prova per le chitarre Jackson.
La sua prima chitarra professionale è stata una Kelly nera tigrata di bianco con cui ha inciso la maggior parte della musica dei Cacophony. Pare fosse una delle prime 500 Jackson mai prodotte, aveva un ponte Kahler in voga all’epoca e contava 22 fret, caratteristica che sarebbe stata presto messa da parte in favore dei 24 tasti adottati ancora oggi dai modelli in catalogo.
Fu quello stesso strumento - ridipinto di nero per l’occasione - che lo condusse verso l’avventura con i Megadeth lasciando la propria impronta su Rust In Peace. Metallaro di prim’ordine ma artista dal gran cuore, per raccogliere fondi in favore dell’amico Jason Becker.
Quello strumento non fu però orfano all’epoca: una seconda Kelly, anch’essa poi messa all’asta per beneficenza, fu responsabile delle parti soliste sul disco. Era un modello di stampo più moderno, con 24 tasti e tastiera in ebano anziché palissandro. In breve la collezione di Marty Friedman si ampliò ed era possibile vederlo sul palco con Kelly di ogni tipo, per lo più a pickup singolo come quella acquistata per il disco dei Megadeth e che fece da base per il suo progetto personale quando, nel 1996, Jackson propose al chitarrista di realizzare la sua prima signature.
Scala lunga, solo un pickup al ponte e un appariscente top in acero figurato visibile sotto la finitura burst, la Kelly signature di Marty Friedman appariva come un’arma da metal definitiva e ha continuato a stimolare la fantasia dei musicisti anche quando le strade di Marty e di Jackson si sono divise.
L’artista racconta che, anche nel periodo in cui ha avviato soddisfacenti collaborazioni con altri marchi, i rapporti con Jackson non si sono mai guastati. Ne è la riprova il suo recente rientro nella rosa di artisti di casa. Più maturo, con all’attivo una lista di lavori solisti dallo stile inconfondibile, non più puramente metal ma con commistioni classiche, esotiche, persino pop e fusion, per il suo ritorno tra le file Jackson Marty Friedman ha voluto uno strumento profondamente diverso da quello con cui i fan dei Megadeth avevano imparato a conoscerlo.
La sua MF1 - oggi presente nel catalogo Jackson sia per la sia per la di costruzione orientale - potrebbe apparire un cambio di rotta, ma nasconde in realtà un vero ritorno alle origini, ancora precedenti rispetto alla Kelly. , lo stesso Marty ci aveva raccontato che la sua prima chitarra in assoluto era una single-cut a cassa bombata, copia economica di una solid body a doppio humbucker ben nota agli appassionati di hard rock.
Come un ritorno di fiamma in ritardo di svariati decenni, quelle forme hanno riconquistato Friedman e sono diventate realtà con una signature dal body in mogano (nato nella versione X), uno spesso top in acero da 3/4 di pollice, manico incollato in mogano e una scala da 24,75 pollici.
Non mancano accorgimenti moderni come listelli in grafite per rafforzare il manico e i wide jumbo fret per accompagnare tapping e bending più estremi. Con la MF1, Marty ha rinunciato ai 24 tasti in favore dei più canonici 22 su una tastiera in palissandro da 12 pollici di curvatura e ha messo da parte il Kahler per un ponte Gotoh in stile Tune-o-matic con meccaniche bloccanti Schaller. Nella versione X Series, la dotazione hardware è identica, ma marchiata Jackson.
Entrambe dotate di pickup attivi EMG MF, signature dell’artista, condividono estetica e gran parte delle caratteristiche strutturali, ma variano in minima parte per la forma del manico: sulla USA, il capotasto misura 43 millimetri in larghezza, mentre si riduce a 42,8 per la controparte asiatica.
Introdotta nel 2017, Marty Friedman la spiegava nel dettaglio con un video ufficiale girato per l’occasione.
A partire da quello stesso anno, la MF1 è diventata la chitarra principale di Marty, comparendo in tutte le sue esibizioni pubbliche e firmando i suoi lavori più recenti, compresi i videoclip come quello di “Miracle” dall’album Wall Of Sound.
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