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La chitarra e i miei figli: un rapporto inesistente
La chitarra e i miei figli: un rapporto inesistente
di [user #50760] - pubblicato il

A 14 anni dovetti insistere a lungo per avere una chitarra. I miei lo vedevano come un regalo che non meritavo affatto, visto che a scuola avevo diverse insufficienze.
Ma non solo: nessuno nella mia famiglia, pur piena di zii e cugini, aveva mai nemmeno pensato di suonare uno strumento e, anche per questo, il mio desiderio di approcciarmi alla musica venne accolto con scetticismo, bollato come un vezzo strambo, un qualcosa di velleitario e certo destinato a un tramonto repentino. Non solo: i miei genitori - ai quali, sia chiaro, sento di dovere moltissimo - specificarono da subito alcune condizioni, qualora avessero (come poi avvenne) deciso di comprarmi una chitarra: 1) "non BUTTEREMO soldi per farti prendere lezioni", 2) "non dovrai fare RUMORE in casa", 3) "se ti bocceranno, ti butteremo via la chitarra".

Ora, rilette con la sensibilità del 2023 sembra che io sia cresciuto in una specie di lager e che i miei genitori fossero inutilmente crudeli: nulla di più falso. Era l'inizio degli anni '90, io ero appena stato rimandato e per i miei, persone concrete, diventate adulte in altri tempi e in contesti meno sfaccettati e stimolanti di quelli che ho potuto frequentare io, qualsiasi interesse che non fosse la scuola o altre cose che sentivano di poter comprendere, tipo "andare a giocare a pallone al parco", era potenzialmente pericoloso. Pensate che quando feci notare che, essendo mancino, avrebbero dovuto comprarmi una chitarra left handed e non una "normale", la mia sembrò la pretesa di un figlio incontentabile e ingrato, infatti la mia Maison bianca tipo Stratocaster non era mancina. Iniziai con quella e ho sempre suonato solo chitarre "destre".
La chitarra è stata quindi qualcosa che ho desiderato con un fervore al limite del religioso e forse è anche per questo che averla, anzi averne diverse, mi restituisce una gioia enorme ancora oggi: pur essendo un chitarrista scarso e lazzarone, venero le sei corde e sono certo che questo rapporto fisico e spirituale durerà fino all'ultimo dei miei giorni.

I miei figli sono nati nel 2006 e nel 2013: in casa hanno sempre visto girare un mucchio di chitarre e di altri strumenti, tra i quali un pianoforte. A differenza mia, hanno respirato interesse per la musica, per la cultura, per l'arte, per il cinema (infatti sono lettori voraci, amano andare per musei e città d'arte, sono orgogliosamente secchioni). Sono stati offerti loro, seppure in un contesto normalissimo (cioè senza agi) tutti gli strumenti per poter sperimentare, coltivare interessi musicali, ma senza pressioni. "Se ti fa piacere prova, così ti fai un'idea". Inutile aggiungere che io speravo, speravo molto, che sarebbero stati un giorno arsi dal sacro fuoco chitarristico. Ecco, gli unici strumenti musicali che sono stsati in grado di accendere i loro interessi per più di cinque minuti sono stati, in ordine cronologico, l'otamatone e lo stilofono, che tra l'altro io mi sono affrettato ad acquistare, vedendo quei due aggeggi come i primi passi verso altri strumenti musicali. Invece no, l'otamatone piaceva perché era colorato e buffo, lo stilofono non ho ben capito ma credo che mio figlio piccolo si sia imbattuto in qualche video su YouTube che lo promuoveva.



Comunque, sia chiaro, l'interesse per l'otamatone e lo stilofono è andato perso in qualche giorno. Perfettamente settata, la Epiphone Les Paul Junior che ho comprato per mia figlia (quando aveva 13 anni) è regolarmente in rastrelliera, lei ha imparato qualche accordo e addirittura preso una decina di lezioni, ma senza troppo entusiasmo. E infatti dalla rastrelliera non viene prelevata mai, se non dal sottoscritto. Con mio figlio ho provato a partire prima: quando compì otto anni (sta per compierne 10) gli regalai una simil-Stratocaster di piccole dimensioni, piuttosto ben fatta, non immaginatevi quindi un obbrobrio con le corde a un centimetro dalla tastiera. Ma, a parte lo strumento, quello che ho offerto è la mia totale disponibilità a insegnare, a giocare insieme, a mandare anche lui a lezione come la sorella. Niente, il livello d'interesse è sotto lo zero.

E quindi? E quindi sto per metterci una pietra sopra, prima di fiire irrimediabilmente nel triste cliché del padre fissato che riversa le proprie frustrazioni sui figli.
Faccio bene a gettare la spugna? È giusto così? Voi che esperienze avete con i vostri figli (o con i vostri genitori)? Raccontatemelo nei commenti!
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