di aPhoenix90 [user #22026] - pubblicato il 09 settembre 2012 ore 23:17
«Ovvero: quando ad ispirare la canzone è un libro»
C’è poco da fare. La domenica continua ad essere noiosissima, ancor di più se il campionato è fermo e in ogni caso non hai la possibilità di far casino con la chitarra. Ma con la mente lasciata forzatamente sgombra dai propri piaceri, e congiuntamente incatenata in quello spazio sospeso fuori dal tempo, si è liberi di intraprendere quei viaggi inutili che portano quasi sempre in direzione di luoghi sterili.
Così, mentre leggevo qua e là le novità cinematografiche previste per l’imminente autunno, pensavo a quell’ambiguo legame che unisce un’opera letteraria alla sua trasposizione cinematografica. È un legame ambiguo perché il 90% delle volte che entri in sala per guardare il film “ispirato” al successo letterario di turno, puoi star sicuro che te ne pentirai. Ma allo stesso tempo sono numerosi i casi di romanzi “prestati” al cinema, la cui derivante pellicola è stata consacrata nell’inarrivabile olimpo artistico. Appartengono tuttavia a un’altra dimensione le suggestioni libidinose che inebriano il lettore appassionato. E del resto non potrebbe essere altrimenti, poiché non ci si spiegherebbe il motivo per cui molto spesso gli artisti si rifugino nelle fumose pagine della letteratura per sperare di essere colti dall’ispirazione.
Pensavo però che se ben noti sono i successi (o i loro tentativi) cinematografici “rubati” alla produzione letteraria, altrettanto fortunati non sono quelli musicali. Complice probabilmente il risultato di una contorta logica di mercato che tende a rendere più felici i lavori dai grandi budget. Come a dire, anche far soldi è un’arte.
Ma questo non è sufficiente a far loro prodotti di serie B, né a quantificarli come numericamente inferiori. Destinati alle attenzioni dello sparuto pubblico di nicchia o alla stretta cerchia di appassionati, canzoni e addirittura interi concept album difficilmente stimolano la curiosità delle orecchie distratte ad approfondire il tema sulla carta stampata. Ma a differenza dei dispendiosi lavori cinematografici non costituiscono una buona scusa per tenersi alla larga dalla libreria (avete mai sentito qualcuno dire: «No, non leggo il libro perché tanto ho già sentito la canzone»?), né incentivano l’approccio di sufficienza armati del quale ci si reca in sala a vedere il film che sicuramente non sarà mai all’altezza del libro.
Il punto è che nel caso in cui il romanzo ispiri una canzone, la protagonista non sarà propriamente la trama, ma le sensazioni che da essa nascono. Un meccanismo di traduzione nei confronti del quale la musica rivela un’attitudine ragguardevole, e che lascia cadere nell'assurdità ogni termine di paragone. In un certo senso si abbandona il territorio succulento della narrazione, fatto di immagini forti, per immergersi in uno spartito che evoca emozioni sconosciute, ma che allo stesso tempo ricorda il profumo di quelle pagine familiari. E pazienza se la logica non è gradita dagli artisti del quattrino.
Un esempio? Be’, mi viene in mente «Non al denaro, non all'amore né al cielo», in cui De André recupera il cuore di alcune poesie dell’«Antologia di Spoon River». Particolarissima la descrizione del profilo dei personaggi, dove fantasia e immaginazione sembrano essere appendici dell’immedesimazione. In un certo senso è possibile rivivere alcune sfumature della magia “libresca”, che al cinema a volte finiscono per disperdersi.