di LaPudva [user #33493] - pubblicato il 19 ottobre 2014 ore 15:00
Chitarrista storico nella band Level 42, session player di successo con collaborazioni storiche al fianco di nomi del calibro Kate Bush, Alan Murphy è morto esattamente 25 anni fa. Ripercorriamo la sua storia per ricordarne l'importante contributo al mondo della musica.
Chitarrista storico nella band Level 42, session player di successo con collaborazioni storiche al fianco di nomi del calibro Kate Bush, Alan Murphy è morto esattamente 25 anni fa. Ripercorriamo la sua storia per ricordarne l'importante contributo al mondo della musica.
Ho molti bei ricordi degli anni ’80, la maggior parte dei quali, naturalmente, legati alla musica e alle interminabili maratone di ascolto alle quali mi sottoponevo, sollecitata dalla grandissima varietà di produzioni - perlopiù britanniche e statunitensi - delle quali mi giungeva notizia tramite radio, riviste e amici musicofili. Benché abbia sempre avuto una più che evidente predilezione per il rock, non ho mai fatto segreto del mio entusiasmo nei confronti di certo pop e in particolare per una serie di artisti che a mio avviso lo hanno grandemente nobilitato. Tra questi, all’epoca c’era una band britannica capitanata da uno dei miei bassisti preferiti, Mark King: i Level 42. Attivi dalla fine degli anni ’70, in quasi dieci anni di evoluzione erano passati da un’originale formula fusion-funk a soluzioni pop-rock più commerciali, ma sempre godibilissime, raggiungendo il picco della popolarità con successi come “Lessons in Love” e “Running in the Family” e mantenendo la stessa lineup fin verso la fine degli anni ’80. Questa comprendeva King al basso e voce, Mike Lindup alle tastiere e voce, Phil Gould alla batteria e suo fratello Boon alla chitarra. Nell’88 questi ultimi, con iniziale rammarico dei fan della prima ora, vennero sostituiti da due turnisti (grandissimi): Gary Husband e Alan Murphy, e se del primo, tutt’ora in piena attività, si parla sovente e in termini che non potrebbero che essere entusiastici, del secondo ingiustamente non si fa mai menzione. Eppure è stato un talentuoso session man, di quelli che hanno davvero dato un contributo di valore alla musica dei tanti artisti con cui hanno collaborato e che meriterebbero di essere riscoperti e apprezzati. A venticinque anni esatti dalla prematura scomparsa di questo grande della sei corde, è giunta l’ora di divulgarne la vicenda e il lavoro.
Nato (nel ’53) e cresciuto a Londra, Alan Murphy ama la musica fin dalla più tenera età. Riceve in dono una chitarra dal fidanzato della sorella, ma è soprattutto un grande ascoltatore: non di rado salta le lezioni a scuola per recarsi alla BBC Radio Playhouse e presenziare alle registrazioni della trasmissione Radio One O’Clock, o in negozi di dischi per ascoltare gli album più svariati oppure in pub e altre venue nella speranza di incontrare qualche grande musicista.
Murphy cresce in fretta, musicalmente parlando, e comincia a suonare seriamente negli anni ’70. Mentre milita nella sua prima band (i Plimsoll, poi chiamati Blackmass in onore di Richie Blackmore, uno degli idoli di Murphy), supera brillantemente un’audizione coi Colosseum ma rifiuta il posto per cause ignote. A seguire una serie di esperienze in svariate band, con le quali si fa le ossa suonando nel Regno Unito e in Germania, in particolar modo coi Mahatma (gestiti dal management del leggendario Marquee Club) che diventerà la band di Long John Baldry, nome di spicco della scena blues britannica col quale il chitarrista collaborerà a più riprese.
Murphy all’epoca suona prevalentemente rock-blues, ma in molti notano il suo playing trasversale e duttilissimo, e cominciano ad arrivare le prime richieste di ingaggio. Col bassista John Giblin forma un quartetto che li porta a suonare in Islanda e, dopo una sfortunata parentesi negli USA, fa ritorno nel Regno Unito per un’altra esperienza interessante: verso la metà degli anni ’70 entra nella Fusion Orchestra, una band prog attiva dai tardi anni ’60, nella quale Murphy militerà fino allo scioglimento, nel ’75.
Dopo una lunga e intensa esperienza live negli Stati Uniti e in Canada durante la quale si dedica prevalentemente al blues, Murphy fa ritorno nel Regno Unito dove, nel ’79, viene assoldato da Kate Bush per un tour e per le registrazioni del disco “Never for Ever”: è, questo, il suo primo lavoro discografico e, in un certo senso, il vero inizio della sua carriera di session man. Non farà più tour con la Bush, ma, apprezzato dall’artista per la grande sensibilità e la peculiare espressività particolarmente congeniali per gli eclettici lavori della cantante, inciderà con lei altri dischi negli anni a venire (“The Dreaming”, “Hounds of Love”, “The Sensual World” e il singolo “Rocket Man”, cover del brano di Elton John nonché una delle sue ultime session).
Nei primi anni ’80 il lavoro in studio di Murphy è in buona parte dedicato alla disco (collabora, tra gli altri, con Amii Stewart); registra nel Regno Unito, in Germania e anche in Italia. Nello stesso periodo, con il bassista Felix Krish, il batterista Tony Beard e il tastierista Richard Cottle, tutti turnisti di rilievo, crea gli SFX (ex Stapleton All Stars, tra l’altro assoldati dalla Fender per promuovere i propri strumenti), band jazz-rock-fusion che diviene molto popolare a Londra. A questo punto del suo percorso Murphy ha un background ricchissimo ed eterogeneo, avendo suonato i più svariati generi. Stilisticamente riconosce tra i suoi maestri Larry Carlton, Allan Holdsworth, Lee Ritenour e Steve Miller, il cui influsso sul suo stile è evidente.
Dopo aver inciso la hit pop “Warning Sign” per Nick Heyward nell’84, collabora col cantante Jim Diamond e infine, notoriamente, coi Go West, band che a metà degli anni ’80 ottiene un successo planetario e per la quale incide l’omonimo disco di debutto (poi ristampato doppio con materiale aggiuntivo, anche live, con il titolo “Bangs & Crashes”) e il secondo, “Dancing on the Couch”. La formula pop-rock della band britannica lascia grande spazio all’inventiva di Murphy e al suo playing eclettico e raffinato.
Nel 1985, in occasione del Prince’s Trust Concert, evento di beneficenza, suona insieme ai Go West con Mark King dei Level 42 ospite della lineup. Deve averlo impressionato molto, perché l’invito a sostituire Boon Gould, chitarrista dei Level 42, che all’epoca avevano già ampiamente raggiunto l’apice del successo, e a registrare con la band il disco “Staring at the Sun” non tarda ad arrivare. Murphy, preoccupato per le crescenti tensioni intestine nei Go West, il cui secondo album si era rivelato un mezzo flop, accetta senza esitare. È il 1988; Murphy si reca ai Miraval Studios, nel sud della Francia, e registra tutte le sue parti in un solo giorno. Il suo lavoro è meraviglioso e di gran classe, ma soprattutto dimostra una volta di più l’ampiezza della tavolozza espressiva del chitarrista, che passa agilmente da sonorità rock a ritmiche funky, trovandosi perfettamente a suo agio in scenari bluesy. Una grandiosa nuova linfa non delude dal vivo, accompagnando la band in uno dei tour più belli della loro carriera, i cui retroscena (e molto altro) vengono immortalati nella vhs dal titolo “Fait Accompli” (ricordo ancora il giorno in cui l’ho comprata).
Sfortunatamente la permanenza nella lineup dei Level 42 dura poco più di un anno, poiché Alan Murpy muore per complicazioni dovute all’AIDS il 19 ottobre del 1989 a soli 35 anni.
Tra le altre collaborazioni di Murphy, quelle con Joan Armatrading, Mike + The Mechanics (anche nelle hit “Silent Running” e “The Living Years”), Scritti Politti, So e molti altri.
Murphy ha attraversato la scena musicale britannica in punta di piedi per più di quindici anni, con la classe e lo stile propri dei grandi, lasciandosi alle spalle una grande quantità di incisioni e di documenti che ne attestano l’attività costante nei frangenti più diversi. Condividendo la sfortunata sorte di altri talentuosi artisti scomparsi troppo presto, è sparito quasi subito dalle cronache musicali. Mi piace pensare che se ne possa parlare ancora, e mi piacerebbe farlo oggi, giorno in cui, come un quarto di secolo fa, io voglio ricordarlo ascoltandolo con grande riconoscenza. Fate altrettanto e non ve ne pentirete.