Gibson sembrava vicina al tracollo a inizio anni '90 ma poi, come sempre succede, alla fine i pezzi vanno sempre tutti al posto giusto e il puzzle si ricompone. Così, nel 1993, Gibson presenta la Historic Collection, una serie di strumenti di altissima gamma (e prezzo), costruiti con un'attenzione ai particolari che da tempo era stata accantonata. Certo, non sono ancora repliche nel vero senso della parola, restano da sistemare molti dettagli, ma la sensazione chiara è che l'azienda che fu di Kalamazoo ha deciso di prendere il toro, cioè la qualità, per le corna e ricominciare a fare le cose come si deve.
Il nuovo catalogo Historic Collection è una di quelle letture che tolgono il fiato. Patinato e ricco, presenta al popolo di affezionati gibsoniani (e anche di gibsoniani in pectore) una gamma di strumenti da sogno. Dalle foto sembrano pezzi d'epoca conservati gelosamente in una stanza a temperatura e umidità controllate, lucidi quanto basta, coi colori giusti e le descrizioni che mettono l'acquolina in bocca. Da Explorer e Flying V, attraverso SG ed L4, si raggiungono gemme rare come la L5 Lloyd Loar e la Citation. Ma di tutte la più rara, la più appetibile, la più ricca di fascino è Madame Sunburst, che sfonda la copertina usando una Super 400 come cuscino, apparentemente innocua, come una tigre (e il legno ne sottolinea l'affinità) che aspetta di divorare la prossima preda.
Le prime 15 LP della collezione sono dipinte a mano, una per una, dal magico Tom Murphy, il che sarebbe un motivo sufficiente per considerarle degli instant classic. Ma quel che fa letteralmente perdere la testa ai cultori della Paul è la serie di correzioni strutturali, che la avvicinano considerevolmente alle inavvicinabili antenate del 1958-60. Prima tra tutte, la più significiativa, è l'allungamento del "tenone" (il pezzo di manico che si incastra nel corpo per l'incollaggio delle due parti) più lungo, tanto da arrivare nell'alloggio del pickup (più della spiegazione vale questo filmato della Gibson).
Tra gli altri dettagli, l'impiallicciatura sottile in agrifoglio della paletta, il logo serigrafato, il posizionamento giusto dello scasso dei pickup, inlay corretti, pickup "57 Classic" eccetera. Un babà, un quadro tridimensionale da appendersi al collo, giallo e rosso, che brucia fiamme eterne senza scottare le dita. La Les paul Sunburst è tornata, "live & dangerous".
Quella che segue è una storia in discesa (non per uomini e donne del Custom Shop Gibson, costantemente impegnati nella ricerca del dettaglio fuori posto, del capello spettinato che ancora permette ai più schizzinosi di dire "non le fanno più come una volta". Ricreare la magia dello strumento più magico del mondo non è facile neanche se ti chiami Tom Murphy, ma una cosa è certa: se le quotazioni di Madame '59er crescono di un ordine di grandezza nel giro di tre lustri (da 20mila a 200mila dollari e anche di più), parte del merito va ai cataloghi che descrivono l'impresa certosina con cui Gibson rende omaggio al proprio passato.
Nel 1994 la gamma si arricchisce con la "R8", riedizione della Paul 1958, un manicone grosso così e top in acero poco fiammato o niente del tutto. Un affare per intenditori alla ricerca di una chitarra che offra il massimo della liuteria a un prezzo quasi normale (costa circa 200 dollari in più rispetto a una Standard di regolare produzione). Altra modifica significativa, nel 1997, le sellette che lasciano l'acciaio e tornano di ottone. Quest'anno vede un evento bizzarro: il battipenna viene modificato sul template d'epoca e rivela immediatamente un posizionamento scorretto del pickup al ponte, prontamente corretto.
La gamma Historic viene ampliata dalle repliche Junior e Special in versioni '58 (single cut) e '60 (double cut) sia sunburst, sia TV yellow. Il 1999, quarantennale della Regina delle Regine, viene celebrato con una produzione limitata a 100 pezzi reliccati da Tom Murphy. Cambiano appena i colori, che acquistano un feel più vintage (soprattutto il rosso di corpo e manico), le vernici sono più sottili, delicatissime, per far respirare il legno, perché possa vibrare e porgere al mondo buone vibrazioni. La chicca: segnatasi laterali tartarugati. Vista la concorrenza di liutai che producono copie pressoché perfette, Gibson comincia da quest'anno a corredare le sue Ragazze Top con un COA (certificato di autenticità). Modifiche di dettaglio, piccole messe a punto, negli anni successivi. Da rimarcare la nascita dei pickup BurstBucker nel 2001 e la piccola serie di strumenti con tastiera in prezioso palissandro brasiliano del 2001, una cinquantina di pezzi in tutto, dai numeri di serie dal 9-1203 al 9-1250, quasi tutte reliccate da Sifu Murphy. Cambiano i tasti, che diventano più sottili come in origine, e viene proposta la finitura Custom Authentic, un invecchiamento leggero della finitura giusto per togliere la patina di nuovo.
Altre modifiche di dettaglio (le viti del copri truss rod, la posizione del logo serigrafato, la "i" del logo Gibson modificata, eccetera) fino al 2004 che vede due importanti novità: l'introduzione della "Jimmy Page", una reissue firmata dalla star degli Zeppelin, e della Cloud 9, una reissue con camere (cosiddette) tonali sotto il top in acero per alleggerire lo strumento. Queste ultime chitarre - che fanno rabbrividire i puristi - sono considerate da alcuni come le migliori dal punto di vista sonoro. Questione di gusti.
Gli ultimi interventi sono di poco conto, come la finitura VOS con hardware ossidato artificialmente introdotta nel 2006, l'uso di macchinari a controllo numerico anche nel Custom Shop e il colore rosso più vivo usato per il filler. Siamo arrivati ai giorni nostri con un'ultima modifica, che non incide sul suono ma sul portafoglio del chitarrista: la nuova politica commerciale di Gibson che eliminando il distributore nazionale riesce a mettere la Reissue nei negozi al 30% in meno del prezzo di due anni prima. Un disastro per chi ha strapagato le Reissue negli anni scorsi e un inaspettata gioia per chi meditava di portarsela a casa. Con questa ultima "modifica" la R9 diventa un sogno molto più realizzabile per tanti.
13 agosto 2016 - Due parole dopo aver "restaurato" di questo articolo otto anni dopo averlo scritto. Nonostante la tanta acqua passata sotto i ponti, quasi quarant'anni dopo la nascita, la Les Paul sunburst resta una delle indiscusse regine della categoria solid body. Andata e venuta nel tempo è tornata prepotentemente grazie ai musicisti, che non si sono rassegnati a perderla nel tempo hanno saputo ribaltare le decisioni dei management miopi che negli anni '60 e '70 hanno gestito Gibson. Il merito della rinascita del modello nel 1968, del ritorno della Flametop del 1980, della successiva costante ricerca della qualità della Golden Age che prosegue va soprattutto ai musicisti, che hanno saputo farsi ascoltare dall'azienda. Certo, il marketing ha sempre sfruttato questa fame di "Burst" per fare grandi profitti, ma lo ha fatto consegnando - pur a prezzi a volta sconcertanti - strumenti perfetti, a cui manca solo qualche decennio di buone vibrazioni per essere magici come le prodigiose "Flametop" originali, le cui quotazioni sono in costante crescita. In sintesi: se sogni una Les Paul, considera questa, la più autentica di tutti. Anche se dovrai fare sacrifici, rinunciare alle pizze e al cinema, non ti pentirai mai di aver scelto la "regina di tutte le fiamme", l'arma rock che sa incantare per quanto suona bene, ma anche per quanto è bella. (Alberto Biraghi)
Questo articolo, parte dell'archivio storico di Accordo, è stato restaurato per una miglior fruizione sui dispositivi moderni. |