Paul Reed Smith, signori. È giunto il momento di parlarvi di una chitarra, che poi è diventata la mia numero uno per eccellenza ormai a distanza di anni, appartenente a una casa che avevo sempre bellamente ignorato.
Ho sentito tanto parlare, nel corso degli anni, delle chitarre del famoso liutaio di Mr. Santana ma, visti i prezzi a volte ben al di sopra dei 4mila euro e la nascita relativamente giovane dell’azienda, avevo sempre lasciato da parte questo marchio concentrandomi sugli storici Gibson, Fender e compagnia bella. Non credevo che qualcuno potesse costruire chitarre migliori (per il sottoscritto) dei marchi che hanno fatto la storia della musica moderna internazionale, ma mi sbagliavo.
Oggi voglio parlarvi, forse con meno oggettività del solito, della Paul Reed Smith Modern Eagle II.
Le PRS non mi piacciono, lo dico sin da subito. Eppure, proprio come per la casa di amplificatori Mesa Boogie (amo il Mark V, disprezzo tutti gli altri fratelli) c’è quel modello, quell’esemplare che esce fuori dai canoni, che guizza all’orecchio come un fulmine a ciel sereno.
Nel 2012, alla ricerca dell’agognata Les Paul in compagnia del babbo, mi recai nel negozio di fiducia in quel di Verona. La mira era ben diversa all’epoca: una Gibson Les Paul Kossoff signature Aged (che ahimè ci siamo lasciati scappare, visto che all’epoca era venduta per circa 4500 eurozzi e oggi la si trova usata per una cifra vicina al doppio). Ma non divaghiamo troppo: l’intenzione di prenderla era seria, ma il commesso entrò in scena con un’altra chitarra proprio sul più bello.
"Comparala con questa" ci disse, mentre già eravamo per staccare il jack e spegnere l’amplificatore per portare a casa il bottino.
Entrambi strizziammo l’occhio, osserviammo la marca che non ci diceva assolutamente nulla, bofonchiammo qualcosa e alla fine, quasi di malavoglia, acconsentimmo.
La magia è scattata, dentro di me, improvvisamente. Mai nessun altro manico mi è sembrato quella sorta di prolungamento del braccio. Mai nessun’altra si è dimostrata così precisa, versatile, educata e aggressiva allo stesso tempo. Mai nessun’altra era dotata di una simile dinamica, perfezione nella calibratura dei pickup.
E quel suono... Dio, quel suono me lo sogno ancora la notte: perfetto.
Sono esagerato vero? Ne sono consapevole, ma per me l’effetto è questo.
Mio padre preferisce la Kossoff, eppure mi guardava, mi studiava. Vedeva come la suonavo, come mi muovevo su di essa, l’emozione che provavo a far scorrere le dita. Per me il negozio in quell’istante era scomparso: c’eravamo solo io e lei.
Ecco. Sono uscito da quel negozio al settimo cielo, con quella custodia bianca in mano che conteneva al suo interno la mia diletta.
Oggi, questa bellissima Signora è in condizioni molto diverse da quelle di allora: è usata, graffiata, consumata, quasi relic nella parte posteriore da tanto l’ho usata. E tutt'ora continuo a preferirla a tutte le altre.
Ma prima vi ho accennato che le PRS non mi piacciono: ne ho provate tante altre nel corso del tempo, sia nuove sia vecchie. Ebbene, trovo quelle post 2007 anonime, plasticose, neutre. "Bestemmia" direte voi, ma i modelli Custom 22/24 per me sono assolutamente insuonabili, con quel loro nuovi manici slim (scomodissimi), quei pickup di nuova generazione che sono molto aggressivi e potenti ma poco espressivi, e quei legni iper fiammati e bellissimi esteticamente, ma che una volta presi in mano sembrano così finti (causa, forse, del fatto che l’azienda non può più utilizzare i legni di un tempo).
Tutti i modelli recenti, per me (e sottolineo, per me) sono assolutamente inferiori a quelli degli anni ’90 o primi 2000. Sì, perché ho avuto modo di provarne qualcuna anche degli anni ’80, e lasciatemelo dire: sono tutta un'altra storia.
Ma veniamo a lei. La Modern Eagle II ha un colore arancione meraviglioso, con una fiammatura sul top in acero che non sembra ma è tridimensionale (la casa la chiama Smoked Amber). Il corpo è in mogano, il manico e la tastiera sono in palissandro, il capotasto in osso e le palettine delle meccaniche in legno. Gli intarsi sono i tipici uccellini tanto amati/odiati dal pubblico, il ponte è un tremolo con la sola escursione verso il basso. I potenziometri sono due e svolgono il loro lavoro alla perfezione come nessun altro: sotto il dieci crunchano, sotto il cinque sporcano solo il suono abbassando il volume in modo egregio, e sotto il tre si puliscono completamente. Il tono, con push pull, consente di splittare i due humbucker per usare i single coil in tutte e tre le posizioni del selettore per un totale di sei suoni. È tra i migliori che mi sia mai capitato a tiro. Le meccaniche, che utilizzano autobloccanti, tengono l’accordatura per un concerto intero senza bisogno di aggiustare l’intonazione. Il peso è bilanciassimo (sono comunque 4.0 Kg) e lo split mi ha stupito: sembra veramente di avere a che fare con una Stratocaster di alto livello, senza abbassare troppo il volume.
Ragazzi, io ho finito. Veramente: non riesco a trovarle dei difetti. Forse lo switch per la selezione dei pickup può apparire scomodo ma, una volta fattaci l’abitudine, non è assolutamente un problema, anzi! Se fosse stato messo in un posto diverso, probabilmente non si riuscirebbe a fare dei passaggi veloci fra i pickup utilizzando lo split del tono.
Voto personale: 10 (e lode!)
La chitarra è stata registrata con un amplificatore Fender The Twin per i puliti e con una Marshall Plexi YJM 100 per i suoni saturi. Niente Kemper Profiler questa volta, così accontento tutti!
Per le specifiche tecniche complete, vi rimando a . |