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Alla ricerca del combo a valvole ideale
Alla ricerca del combo a valvole ideale
di [user #7173] - pubblicato il

Il nostro lettore apache racconta la trasformazione del suo Fender Champ per "scacciare il chiodo" di un inarrivabile Princeton. E ha delle idee ben precise su boutique e vintage.
Da tempo ero intenzionato all’acquisto di un Fender Princeton, forse anch’io influenzato dal tanto parlare intorno a questo ampli, considerato da molti grandi chitarristi come il miglior ampli da studio e da club mai creato da Fender, dal classico e famoso suono blackface.
A quel punto, visti i tanti illustri pareri e le tante recensioni, perché non crederci, anche se io negli anni mi sono fatto tutta una particolare idea del vintage.

In definitiva rimango scettico anche sulla teoria del "fatto a mano" e sulla relativa costruzione dei primi ampli con la tecnica point-to-point. Il ritorno al passato non mi appassiona, specie nel campo chitarristico e rimango più che mai convinto che la messa in vendita dei Princeton degli anni '60 a cifre tra i 5000 e 6000 euro sia una bella operazione commerciale volta alla pura mania del possesso, del collezionismo, dell’oggetto di culto. A conferma di ciò, ci sono tanti chitarristi famosi che posseggono ampli d’epoca, per esempio il famoso e introvabile Dumble Overdrive Special, che come un quadro di Picasso rimane a casa dell’artista e non sicuramente sui palchi su cui si esibisce. E allora il “suono famoso e ineguagliabile” (tutto da dimostrare e verificare) di quei come di altri leggendari amplificatori, rimane un ricordo e l’ampli vintage rimane un oggetto da possedere, come magari il Rolex però in cassetta di sicurezza.

Comunque un ampli Fender volevo acquistarlo, un ampli che rientrasse dentro le caratteristiche del combo Princeton. Negli anni ne avevo avuto diversi di Fender ma ormai, non suonando più in gruppo, volevo qualcosa di piccolo che mi gratificasse a casa. I miei primitivi dubbi e scetticità furono però confermati da questo video sicuramente ben fatto in cui si compara il "mitico" Princeton Reverb blackface 66 - le cui quotazioni di vendita le trovate qui - con uno per me sconosciuto: il Champ 12 degli anni '80, quotazione  circa 300/400 euro.



Quest’ultimo non lo conoscevo, sapevo del Champ, dei recenti Super Champ e pertanto chiesi a un mio amico tecnico, appassionato di ampli a valvole che anche li ripara e li costruisce, di guardare tramite lo schema le pontenzialità di questo Champ 12. La ragione era dettata dal fatto che dal video non avevo ritrovato come qualità di suono tramutata in soldoni quei 4000 euro di differenza, pur ritrovando una “leggera” migliore qualità nel Princeton, ma a mio parere non giustificabile nella differenza di prezzo.
Mi veniva confermato che nel Champ 12, valvolare, c’erano le potenzialità tramite delle modifiche collaudate e reperibili in rete di avvicinarsi di molto al suono blackface e mi consigliava di trovarne uno per poi lavorarci sopra. Mi aveva precisato che c’erano degli aspetti dell’elettronica che non aveva mai riscontrato in nessun altro amplificatore Fender, con anche una innovazione unica nel riverbero a molla, con esclusione della relativa valvola e del circuito dedicato, probabile per contenimento costi, ma a sua detta una intelligente soluzione innovativa.
La cifra per l’acquisto era abbastanza abbordabile e per questo perché non provare? Acquistato un Champ 12 usato e lasciatolo nelle sapienti mani del mio amico tecnico, il risultato finale è stato molto appagante.

Alla ricerca del combo a valvole ideale

Oltre a diverse modifiche nella parte elettronica, si è provveduto a spostare il modulo reverbero a molla, che in origine è all’interno vicino all’elettronica, posizionandolo in basso nel cabinet. Inoltre si è creato un ingresso footswitch per il cambio canale e una presa per i 220V.
L’ampli aveva in origine uno speaker da 12” marcato Fender e avevo una certa idea riguardo la sua sostituzione in ragione che alla fine degli anni '70 acquistai un Mesa Mark II con un cono Eminence. Ricordo il suo aspetto particolare con il magnete quadrato. Dopo diversi anni d’uso, non ero completamente soddisfatto e sostituii l’Eminence (perfettamente funzionante) con un Black Shadow EVM. Magari i cultori del vintage avrebbero inorridito per la mia scelta ma io ne sono stato pienamente soddisfatto. La differenza di resa tra i due era notevole. A mio parere l’EVM è un cono fantastico e iniziai la mia ricerca di un cono da 12” EVM a un prezzo ragionevole. Fortunatamente lo trovai in vendita presso uno studio che lo aveva tolto da un Mesa Mark IIc degli anni '80, per la precisione un EVM 12 ML.
L’amico tecnico mi aveva anche prospettato l’incognita che potevano esserci dei problemi di resa a bassi volumi. Il Champ 12 di 12/15 watt avrebbe potuto avere difficoltà con uno speaker da 200 watt. Comunque, letti i dati e la sensibilità del cono, convinto nel mio di un salto di qualità, lo acquistai. Causa l’enorme magnete sorsero anche dei problemi per il posizionamento nel cabinet, che costrinse a una modifica di spostamento dell’alimentatore. Il risultato finale è stato molto, ma molto appagante.

Alla ricerca del combo a valvole ideale

Non penso più al Princeton, sono pienamente soddisfatto del suono che proviene dal Champ 12. Oltre alle mod, il contributo è venuto anche dalla sostituzione del cono. Naturalmente con i 10 Kg dell’EVM l’ampli è diventato pesante, ma io suono a casa, non devo fare spostamenti e pertanto ciò è irrilevante.
Concludo queste mie impressioni ribadendo la mia primitiva perplessità nelle valutazioni di ampli che diventano oggetti di culto in ragione dell’esistenza di un mercato orientato più sull’aspetto emotivo che sul reale risultato finale. Da notare che il prezzo di un Princeton di costruzione attuale varia a seconda dei modelli tra i 1500 e 2000 euro, quindi anche per i modelli di nuova generazione una cifra considerevole.
Sono comunque convinto che oggi la tecnologia sia in grado di superare ampiamente in qualità e resa tutto ciò che viene considerato vintage e proposto a prezzi assurdi, non esistendo un giustificato motivo per una tale differenza di prezzo come citato sopra, tra due ampli di diverso livello costruttivo, ma che poi in definitiva all’atto dell’ascolto non vi si ritrova quel suono miracoloso che induca a propendere immediatamente per il più titolato e costoso.
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Le quotazioni del Princeton Reverb blackface 66
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