di aPhoenix90 [user #22026] - pubblicato il 24 novembre 2010 ore 13:07
«Freddie Mercury died peacefully this evening. It was the result of bronchial-pneumonia, brought by AIDS.» Con queste parole Roxy Meade, la sera del 24 novembre 1991, annuncia la morte di una delle più grandi rock star di tutti i tempi.
Ecco, a questo punto dovrei scrivere in flashback la solita noiosa biografia. Ma vorrei invece riempire questo spazio con delle emozioni che, nonostante abbiano diciannove anni di età, sono ancora roventi.
La scomparsa di Freddie Mercury sconvolge letteralmente il mondo dello spettacolo e l’opinione pubblica. È la seconda star a morire di Aids, dopo l’attore americano Rock Hudson, la prima nel mondo del rock. L’evento accende improvvisamente i riflettori sul problema ed eleva per un attimo il livello di consapevolezza.
Chi fosse nato negli anni ’90 (come il sottoscritto) può ricordare come quello dell’Aids fosse il tema dominante delle cronache di ogni genere. Esploso alla fine del decennio precedente, ma rimasto circoscritto (almeno per quanto riguarda l'opinione pubblica) esclusivamente a "omosessuali" e "tossicodipendenti", l’Aids era stato a lungo solamente un tema di discussione, ma non una vera e propria pestilenza.
Tanto per rendere l’idea di quanto fulminea e impressionante fu l’espansione del fenomeno: soltanto nel 1981 ci fu il primo rapporto in cui si segnalavano casi di un tipo di malattia che colpiva soprattutto la civiltà gay e soltanto nel 1984 venne scoperto il virus dell'HIV. Otto anni dopo, nel gennaio 1992, venne raggiunto il numero di 200.000 casi di Aids (quasi uno ogni mille abitanti). Benché il numero fosse infinitamente inferiore alle previsioni catastrofiche di qualche anno prima, era comunque una strage senza precedenti nell'epoca moderna. Per arrivare ai primi centomila casi ci vollero sette anni, per aggiungerne altri centomila ce ne vollero soltanto due. Centotrentasette nuovi casi al giorni, uno ogni dieci minuti.
Le parole di Dawid Bowie lasciano intendere il primo passo verso la presa di coscienza da parte del mondo dello spettacolo di questa terribile malattia: «Il fatto che fosse tanto amato da ogni tipo di pubblico, etero o gay che fosse, penso metterà in chiaro una volta per tutte che l’Aids non conosce limiti. Con la sua scomparsa si è persa soprattutto la sua personalità e credo che la causa della sua morte diventerà secondaria. Sfortunatamente, nel mondo del rock vige un atteggiamento assolutamente infantile rispetto all’Aids, una forzata indifferenza e un desiderio di proseguire sulla strada sfrenata che le band hanno sempre seguito. Con la morte di Freddie Mercury abbiamo subito tutti una grave perdita.»
Nello stesso mese della morte di Freddie, Magic Johnson, il fuoriclasse nero di pallacanestro, annuncia pubblicamente il proprio ritiro a causa dell'Aids. È il 7 novembre 1991. Questo a constatare che il morbo dell’HIV diventa negli anni ‘90 un’epidemia senza confini. Nei sondaggi nazionali (americani) l'Aids sorpassa per la prima volta la guerra alla droga come problema sociale numero uno.
Per quanto possa valere il ricordo di un bambino, la situazione era davvero terribile se osservata da questo punto di vista. Ricordo che addirittura nella nostra scuola elementare una bambina morì per aver contratto il virus dell’HIV. A testimonianza del fatto che non solo in Africa i bambini morivano di Aids. Il problema era molto più vicino di quanto pensassimo. Ma questa è un’altra storia.
La morte di Freddie provoca un’ondata di commozione inaspettata anche da persone molto distanti dal mondo dei Queen. Se è abbastanza normale sentire George Michael dichiarare che Freddie è stato per lui un’importante fonte di ispirazione, è sorprendente sentire le parole di Axl Rose (Guns'n'Roses): «Se quando ero ragazzo non avessi avuto le canzoni di Freddie Mercury a cui aggrapparmi, oggi non so davvero dove sarei. Freddie mi ha insegnato molto riguardo tutti i generi musicali, mi ha aperto la mente. Non ho mai avuto un maestro più importante in tutta la mia vita.». Persino Kurt Cobain, nella sua tragica lettera d’addio, cita più volte Freddie Mercury con molta ammirazione e un pizzico d’invidia. Il fatto che un uomo dalla sensibilità superiore come Kurt Cobain sia stato capace di cogliere e apprezzare l’essenza di un artista come Freddie Mercury è il miglior ricordo che si possa avere del leader dei Queen.
Il frontman della Royal Band decide di affrontare la malattia continuando a lavorare fino all’ultimo, per non lasciare che la musica che ha ancora in mente si perda insieme a lui. Trascorre gli ultimi anni tra la casa di Garden Lodge (Londra) e la villa di Montreaux (con vista sul Lago di Ginevra) a quattro passi dai Mountain Studios, in cui si sono svolte le registrazioni degli ultimi due album, The Miracle e Innuendo.
Freddie Mercury esce di scena in maniera grandiosa e imprevedibile, come del resto ha sempre vissuto. L’ultimo singolo pubblicato dai Queen è The Show Must Go On, che ha sul retro, ironicamente, Keep Yourself Alive. Questo per un duplice aspetto: “keep yourself alive” può essere tradotto come “mantieniti in vita”, ma è anche il primo brano del primo album dei Queen, quasi a simboleggiare la continuità di un’opera, come un cerchio di cui non si può (per definizione) scovare né l’inizio né la fine.
Sì, perché in realtà la gente non vuole credere affatto che la voce di Freddie sia svanita per sempre. A diciannove anni dalla sua scomparsa, lascia un vuoto enorme nel mondo della musica. Un vuoto che difficilmente sarà colmabile, ma che può essere limitato mantenendo viva quella voce stupenda che ha fatto sognare generazioni di appassionati.
La sua ultima apparizione pubblica risale al video di These Are The Days Of Our Lives, in cui appare visibilmente fragile e debole ma non rinuncia a comparire nell’ultima inquadratura per sussurrare al suo pubblico “I still love you”, per poi sparire con uno dei suoi gesti teatrali.
Infine non mi resta che segnalare il link dellaMercury Phoenix Trust, un’organizzazione di volontariato a livello mondiale per la lotta contro l’Aids, qualora qualche amico accordiano volesse contribuire a sostenere la Ricerca.