di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 17 luglio 2014 ore 16:30
Johnny Winter, leggenda del blues, è morto. Andrea Ballarin, della liuteria Manne, è un grande fan della sua musica e ha condiviso con noi un piccolo tributo al bluesman, che proponiamo di seguito.
Tanti anni fa, ero coinvolto con Andrea "Manne" Ballarin in svariate avventure musicali.
A bordo di un vecchio furgoncino si andava alla conquista della Germania, armati solo del tiramisù di mia madre. In quei lunghissimi viaggi, Manne mi faceva sentire dei dischi pazzeschi di Johnny Winter. Manne me l'ha fatto scoprire e Manne è stata la prima persona a cui oggi, saputo della scomparsa, ho pensato di chiedere due righe per ricordarlo.
Nei tempi in cui si acquistava la musica scegliendo tra centinaia di dischi impilati, facendoli passare ad uno ad uno, le copertine erano sicuramente molto più importanti di quanto lo siano oggi. E nel '76, per un chitarrista in erba come me, amante anche del rock-blues, il vedere apparire la copertina di "Johnny Winter captured live" era una cosa che provocava prurito alle dita e corse a casa per passare delle ore davanti allo stereo a sviscerarne tutti i suoni, tutte le atmosfere. Johnny Winter l'ho conosciuto subito dopo Clapton e prima di Hendrix, esattamente nel posto dove doveva stare.
Erano tempi dei dischi dal vivo senza editing (!), di zampe d'elefante, di capelli albini alle ginocchia, di stadi, (ripeto STADI) brulicanti di persone osannanti assoli di 20 minuti, con una band solida , in compagnia anche del fratello Edgar. Johnny Winter era in quel momento il paladino del blues-rock elettrico diciamo "canonico", tanto per differenziarlo dalla genialità proiettata in altri territori di Hendrix. I suoni erano perfetti, l'apoteosi della chitarra elettrica blues sdoganata nel rock. Poi, forse perchè mi sono interessato ad altro, forse perchè il momento d'oro degli albini del blues elettrico era passato, di Johnny Winter si è sentito parlare sempre meno. Almeno fin a quando, dopo qualche anno, ha registrato un disco con Muddy Waters. La sua sonorità era pò meno elettrico e soprattutto meno psichedelica, più tradizionale, pur mantendo il suo fraseggio personale, perdendo un pò di rock a favore del blues. Nell' '80 a Londra li ho visti suonare assieme, durante un grande festival Jazz nei prati di Olympia palace. Un suono identico al disco, un Muddy Waters con la marcia in più fornita da Johnny Winter, dove la Telecaster rossa del bles-man che più nero non si può, duettava con la firebird bianca del blues-man che più bianco non si può, con quella voce di Johnny urlata e sottile, con la giusta dose di cartavetrata del blues bianco sincero.
Grande concerto, grande performance di quella che si chiamava urban-blues, ai massimi livelli. Da allora per l'albino molti concerti, anche in italia, dischi sempre più tradizionali e sempre meno rock, salute precaria, e bruttissime chitarre. Ma se di rock-blues bianco si parla, Johnny Winter rimane un chitarrista mitico. Con il suo fraseggio, la sua sonorità, il "vibes" ed il "groove" nell' improvvisazione nel campo rock, ha contribuito a portare la chitarra elettrica alla maturità espressiva. Grazie Johnny.