Al convegno "Il Sud Riaccende La Musica" hanno trovato posto anche le opinioni di alcuni storici Accordiani. Mauro Mormile, per gli amici il generale Jebstuart, vive da vicino il mondo dell'istruzione e ha contribuito all'incontro con un'interessante riflessione sulle realtà culturali e su un fenomeno musicale che non può passare inosservato: la musica neomelodica. Qui si riporta il suo intervento.
Il mio intervento arriva dopo quello di oratori ben più illustri di me, dai quali per la verità oggi ho imparato un sacco di cose. Per di più in senso stretto avrei anche poco titolo per parlare qui, in quanto tutto sommato sono solo un musicista dilettante. Però sono un Napoletano professionista, e da Napoletano professionista mi va di sottolineare certe cose.
Che la situazione della musica e dei giovani musicisti navighi in cattive acque a livello nazionale mi pare abbastanza acclarato, e che ci sia una produttività musicale contratta mi pare ugualmente abbastanza acclarato. Solo che noi siamo Napoletani, e se non cantiamo moriamo. Questo vuol dire che se per noi essere nella media nazionale è essere già in perdita secca, perché abbiamo alle spalle una tradizione di produttività musicale tale da farci provare un forte imbarazzo nel ritrovarci oggi rappresentati musicalmente praticamente dai soli neomelodici.
Qualcuno - Roberto Saviano, se ben ricordo - si è recentemente preso la briga di andare a vedere quanti contatti YouTube hanno alcuni video neomelodici. Non citerò gli artisti, per evidenti questioni di buon gusto, ma riporta per i video esaminati quattro milioni, tre milioni e mezzo, due milioni e otto, un milione e mezzo di click rispettivamente. Ciò vuol dire che il neomelodismo, pur partendo da premesse inconsuete, quando non addirittura esecrabili per diversi motivi, evidentemente va a stimolare un quid cui la gente è evidentemente recettiva.
La questione, a mio parere, è che questo fenomeno va a riempire uno spazio vuoto. Nel senso che probabilmente nel panorama musicale nazionale per così dire “tradizionale” non c'è nessuno che riesca in qualche maniera ad esercitare una capacità attrattiva su una particolare fetta di pubblico. Ed è un bel problema. Essendo musicisti, a noi viene naturale preoccuparci dei musicisti, ma la musica non ha motivo di essere se non c'è una platea. E se non c'è una platea, anche la possibilità dei musicisti di poter esprimere la propria creatività risulta mutilata.
Ora, va detto che sicuramente anche fuori dalla Campania i gusti sono un po' cambiati. Io appartengo alla generazione che aveva 18 anni negli anni '70, e per la quale la musica “impegnata” era tutto. Oggi contesto sociale e modelli culturali sono sicuramente diversi, ma il neomelodismo va addirittura oltre una certa decadenza culturale propria della musica “easy”, finendo per reclutare una platea che esprime aspetti perfino caricaturali rispetto al pubblico giovanile nazionale. Questo probabilmente spiega le acconciature furibonde, l’abbigliamento ultratrash e, in una parola, l'esasperazione di alcune icone della modernità, che vengono rielaborate in maniera sempliciotta e sbrigativa, se vogliamo, ma che tuttavia - almeno in questo contesto geografico - sembrano funzionare alla grande.
Per la verità, di fronte a questi scenari di degrado culturale, come docente della Federico II sento di avere anch’io qualche responsabilità. E qualche responsabilità ce l’hanno anche tutti quei napoletani che non sentono i neomelodici e che per una sorta di snobismo culturale liquidano frettolosamente come trash il fenomeno. Eppure se c'è gente tanta che ascolta i neomelodici e che compra i loro prodotti musicali è perché esiste una profonda sottocultura del suburbio napoletano. Capisco bene come il problema abbia dimensioni molto più ampie di quelle strettamente musicali, e che su queste dimensioni certamente non possiamo agire con questo convegno. Ma chi fa didattica, musicale e non, è il perno del superamento di questo ostacolo. Se noi riuscissimo di nuovo a reclutare verso la cultura i giovani - e il pubblico dei neomelodici è grandissimo in termini di numeri - potremmo sicuramente ricostruire una platea di utenti in grado di dare un impulso fondamentale alla musica napoletana ed alla possibilità per nuovi talenti di emergere e di produrre. Dobbiamo instancabilmente reclutare, quindi, e per reclutare dobbiamo agire sui giovani e sui giovanissimi, possibilmente.
Mi risulta che a Scampia siano in atto nelle Scuole Medie delle lodevoli iniziative da parte dei docenti di musica, che cercano di insegnare il flauto o il violino ai ragazzi che vengono dalle realtà più deboli culturalmente e materialmente più deprivate. Ma sono iniziative che andrebbero moltiplicate e generalizzate. Da napoletano mi auguro che questo succeda, e mi guardo bene dal tirarmene fuori, perché ritengo che sia necessario un mea culpa dei gruppi socioculturalmente avvantaggiati del mezzogiorno italiano, che in qualche maniera tendono - snobisticamente, lo ripeto - a lavarsi le mani del problema, e che invece vi si dovrebbero profondamente immergere, per cercare di gettare le basi per la sua risoluzione.
Mauro Mormile |