La Les Paul non è sempre stata come la conosciamo. Pickup, ponti e finiture oggi rari si accompagnavano a piccole differenze che potrebbero sfuggire a un occhio poco attento, ma che hanno contribuito a segnare l'evoluzione della solid body icona del rock e non solo.
Stamattina rileggevo alcuni degli articoli a proposito della Stratocaster in cui, un po’ di tempo fa, stilai una classifica di strumenti vintage secondo il mio gusto personale. Avevo già pensato che avrei fatto la stessa cosa anche con altre chitarre ed è arrivato finalmente il momento di chiacchierare un po’ tra di noi di un’altra regina delle solid body: la Gibson Les Paul.
Andiamo da un emisfero all’altro, tanto per mischiare un po' le carte. Ho deciso però, complici il fatto che i modelli di Les Paul sono pochi e la mia legge di vita "son tutte belle le chitarre del mondo", di non fare una classifica. Mi sono un po' pentito di aver fatto questa cosa sulla Stratocaster: preferisco amarle tutte insieme indistintamente e prenderle in esame così come sono, in linea cronologica.
1952 Gibson Les Paul Goldtop
La meravigliosa prima incarnazione della regina dalla pelle d’oro. Il Goldtop è la mia passione, non me ne vogliano gli amanti dei numerosi burst che ritengo comunque meravigliosi. La Les Paul forse è una delle pochissime chitarre che nacque con tantissimi difetti a causa dei quali la sua prima versione non è tra le più ricercate e apprezzate.
Innanzitutto è da notare l’assenza degli humbucker che, nel 1952, non erano stati ancora inventati. Vi erano in sostituzione due single coil P90 a saponetta. Inizialmente questi pickup avevano due viti negli angoli piuttosto che le viti in corrispondenza dei poli così come siamo abituati a vederli. Notiamo anche l’assenza della placchetta di plastica sotto al selettore (chip) e le cover dei controlli posteriori in bachelite marrone leggermente trasparente. Il più grande difetto di questa chitarra era il ponte a trapezio. Come si evince facilmente dalla foto, il fatto che le corde passassero sotto al ponte non dava la possibilità di eseguire il palm muting limitando tantissimo la sonorità della chitarra. Inoltre era ovviamente impossibile raggiungere un’intonazione quantomeno accettabile e la chitarra andava fuori accordatura molto facilmente, solo appoggiandosi al ponte lateralmente. Le primissime erano prive di binding attorno alla tastiera. Il corpo era fatto di due pezzi di mogano e il top in acero in due o tre pezzi non sempre incollati simmetricamente. Il manico era angolato a solo un grado ed era in un unico pezzo di mogano con la tastiera in palissandro. Per tutto il 1952 le Les Paul non avevano numero di serie dietro la paletta.
Una chitarra storica, sicuramente, desiderabilissima per collezionismo ma riuscita molto male per suonabilità. I prezzi, infatti, non raggiungono livelli stellari.
1953 Gibson Les Paul Goldtop
A distanza di un anno la Gibson, sotto direttive di Les Paul, corresse il problema del ponte sostituendolo con una tailpiece wrap around che, se non altro, aveva le corde passanti “da sopra”. Permetteva il palm muting, un'intonazione almeno accettabile e manteneva sicuramente meglio l’accordatura. Da notare però che l’angolazione particolare del manico (aumentata a tre gradi) non permetteva comunque action particolarmente rasoterra. Sarà poi aumentata l’anno dopo a quattro gradi per compensare. Compaiono i primi “chip” sotto al selettore e i numeri di serie diero la paletta senza la dicitura “Made In USA” come siamo abituati a vederla oggi.
1953 Gibson Les Paul Custom
Nel ‘53 nasce la meravigliosa Les Paul Custom Nera. Personalmente penso che la Custom del '53 con i suoi due single coil sia un sogno proibito di ogni chitarrista. Su questo modello troviamo, per la precisione, un P90 al ponte e un single coil diverso con magneti in AlNiCo V al manico, ponte TOM, corpo in mogano con top in mogano, tastiera in ebano, binding multistrato, hardware dorato, tasti “fretless wonder” bassi e larghi, quasi impercettibili, Bigsby opzionale, segnatasti in madreperla a blocco e battipenna multistrato nero. Questa è la chitarra con la quale è più probabile vedere suonare Les Paul in persona in quel periodo. I primi esemplari uscivano dalla fabbrica senza numero di serie. Successivamente fu introdotto il numero di serie stampato a caratteri gialli.
1955 Gibson Les Paul Goldtop
Nessun sostanziale cambiamento nel 1955 se non il fatto che viene finalmente adottato il ponte TOM tradizionale che permette regolazioni più ampie e intonazioni più precise. Un cenno è da farsi.
Nota sulle Gibson Les Paul dal 1952 al 1955 e sulle Les Paul del 1956 Goldtop
Gibson faceva alcune chitarre completamente Gold Top. Ciò significa che era verniciata color oro anche parte posteriore. Questa, ovviamente, è una particolarità e una curiosità che aggiunge un punto di valore agli esemplari. Inutile dire che la copertura del bel mogano della parte posteriore rappresenta un enorme peccato a mio avviso ed esteticamente qualcosa di molto brutto. Tuttavia a livello collezionistico, ovviamente, sono più rare e più ricercate.
Solo nel 1956 viene adottato il famosissimo condensatore Sprague Bumblebee. Precedentemente si trova un altro condensatore Sprague denominato "Grey Tiger".
1957 Gibson Les Paul Goldtop
Nel 1957, finalmente, si cominciano a vedere i primi PAF humbucker sulle Les Paul. Molte chitarre del 1957 fino al 1958 hanno la parte posteriore in mogano molto più scura delle precedenti, plastiche posteriori nere e il numero di serie stampato dietro la paletta con dell’inchiostro giallo. Non scompaiono tuttavia le Les Paul con i P90 ma coesistono non le nuove che montano i PAF. Il primo mese di fabbricazione delle Les Paul con i PAF vede, oltre che il darkback e le plastiche nere posteriori, anche tutto il resto delle plastiche in colorazione nera. Il battipenna sembra in effetti quello delle Custom ritagliato per accomodarsi ai PAF. Nonostante si tratti di una chicca particolarissima, le Les Paul del 1957 con i PAF e le plastiche nere sono meno quotate di quelle con le plastiche tradizionali in colorazione cream. Raramente poi si trovano Les Paul del 1957 con il top in mogano anziché in acero. Lo si può apprezzare solo guardando nella cavità dei controlli a causa, ovviamente, della colorazione coprente.
1957 Gibson Les Paul Custom
Anche la Custom si humbuckerizza e questo è l’unico cambiamento apprezzabile. Si trovano tre pickup PAF al posto dei precedenti due single coil. Molto raramente troviamo esemplari con soli due pickup. Nasce in poche parole la meravigliosa Black Beauty.
1958/1959/1960 Gibson Les Paul Sunburst
Nella primavera del 1958 cominciano ad apparire le Les Paul in colorazione suburst, per la maggiore “cherry”. Le parti posteriori in mogano virano verso un colore più rossiccio tendente all’heritage cherry. I primi Cherry Sunburst però erano molto delicati e sensibili alla luce per cui sbiadivano molto rapidamente. A oggi, molte chitarre che nacquero in colorazione cherry sunburst sono praticamente irriconoscibili. In ogni caso le Les Paul sunburst del 1958 hanno tutte un bel top in acero piacevolmente fiammato o tigrato in due pezzi con l’incollatura al centro simmetrica ed è assolutamente certo che, se si trova una Les Paul burst con il top incollato non simmetricamente, è una chitarra nata goldtop riverniciata successivamente.
Nel 1959 viene variato il Cherry Sunburst con uno più resistente e si cominciano a trovare le prime tobacco sunburst, curiosamente molto meno quotate del regolare cherry. Nel 1960, la parte posteriore del manico diventa molto meno pronunciata e vira verso un contorno molto più sottile. Durante questo periodo cominciano ad apparire le prime Standard con il ponte Bigsby.
Tutte queste chitarre arrivano a quotazioni veramente da capogiro, ampiamente a cinque zeri.
Una persona molto autorevole della quale ho ragione di fidarmi una volta mi disse una cosa che io ho trovato molto curiosa e che non mi dimenticherò mai: "Lo sai come suona una Les Paul del 1958 coi PAF? Più o meno come una Stratocaster". Ora non so quanto questa affermazione possa essere dettata dalla passione. Tuttavia mi sento di riportarla perché è una cosa che mi ha veramente stimolato.