di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 06 febbraio 2024 ore 11:10
Il Festival non è ancora partito e nessuno ha ascoltato le canzoni in gara, preparatevi quindi a una sciorinata di illazioni e lamentele “per partito preso”. Che poi sono il sale di Sanremo.
Il sipario - letteralmente - si solleverà sul Teatro Ariston solo questa sera 6 febbraio, ma già si sente il fermento in quel sottobosco di amanti della musica che, ogni inizio anno, si vestono da “odiatori seriali” per dare addosso a una manifestazione che - piaccia o meno - è ormai parte integrante della scena e della tradizione italiana.
Lì nascono i big, si forma il germe dei tormentoni che accompagneranno le radio per i mesi successivi e gli emergenti osano guadagnare i riflettori per il loro primo vero battesimo del fuoco, che li consacrerà o distruggerà. Oddio, magari troveranno la loro strada altrove, perché il mondo non è che inizia e finisce a Sanremo.
Per l’ascoltatore medio, Sanremo è un appuntamento con un varietà. Per gli addetti ai lavori è una fonte preziosa di informazioni sullo stato del mercato musicale. Per gli appassionati del rock, è guerra. Anche quando i Måneskin hanno travolto il pubblico con le loro distorsioni c’è stato chi ha avuto da ridire, e fino alla loro ospitata nel 2023 i ragazzi romani sono riusciti a dividere il pubblico come pochi altri.
Ma tranquilli: quest’anno a Sanremo, di rock, non sembra esserci neanche l’ombra.
“Governo Punk” è il titolo della canzone portata al Festival di Sanremo 2024 dai Bnkr44, e qualcuno aveva già rizzato le antenne svariate settimane fa, al primo annuncio. I ragazzi di Empoli si presentano come un collettivo musicale, e i nostalgici subito hanno ricordato i tempi dei centri sociali, dei club fumosi e del movimento rabbioso che faceva ribollire la scena rock adolescenziale ormai più di vent’anni fa. Sì: sono passati almeno due decenni da quando vi riunivate coi vostri amici in cantina sognando di diventare i nuovi Nirvana.
Stando alla precedente produzione musicale dei Bunker (così si pronuncia…), invece, è improbabile ci sia del punk nella loro canzone.
Così come - con tutto il rispetto per la carriera - non ci aspettiamo grossi momenti di rottura dal duo Renga e Nek o dai Negramaro.
L’edizione 2024 sarà il Sanremo che accontenterà un po’ tutti. C’è la vecchia guardia con nomi del calibro di Fiorella Mannoia, Ricchi e Poveri o Loredana Bertè, ma ci sono anche i giovanissimi come Alfa. Categorie profondamente diverse, linguaggi lontani, e fa strano immaginare che l’autrice de “Il Cielo d’Irlanda” possa anche solo esibirsi nella stessa serata di chi canta “Bellissimissima” e ficca cuoricini col simbolo “<3” direttamente nei titoli delle canzoni.
Vanno bene le licenze poetiche, e certo non sarà l’edizione dell’Italiano da Accademia Della Crusca. Senza neanche scomodare la dubbia pronuncia sfoggiata da una fetta ormai enorme della scena musicale italiana, tanto da rendere difficile alle volte comprendere i testi alla radio, il Sanremo 2024 segnerà il suo primo brano quasi completamente in dialetto napoletano. L’autore è Geolier, in passato escluso - si diceva - proprio per questa ragione e ora in gara con “I p’ me, tu p’ te”, un titolo e un testo che hanno già fatto rabbrividire i puristi della lingua napoletana per il tripudio di tronche e apostrofi lanciati come stelline ninja.
Quanto agli altri - e sono tanti, per il 2024 gli artisti salgono alla bellezza di 30 - ammetto la mia ignoranza su una buona parte dei cantanti in gara, così ho sentito di dovermi informare prima di buttare giù queste righe.
Già a una prima ricerca si scopre che quasi tutti vengono catalogati come “rapper”, o nella migliore delle ipotesi “cantautori e rapper”. Perché, a quanto pare, il boom pre-pandemico che ha fatto esplodere fenomeni come Mahmood e Ghali - anche loro presenti al Festival - non era affatto una fase. Il rock, forse, sì.