di Zenzero [user #36862] - pubblicato il 16 dicembre 2015 ore 08:00
Una riedizione Custom di una Les Paul proveniente dal triennio più fortunato nella storia Gibson è un sogno per molti amanti del marchio. La '58 VOS offre una voce potente e articolata che sprizza rock vecchia scuola da tutti i pori.
Nei precedenti articoli abbiamo visto chitarre di fascia economica, media e alta. Oggi vediamo uno strumento che si colloca all'inizio della fascia professionale. Parliamo di un classicone, che non può mancare nel bagaglio di ogni musicista e gibsoninano incallito. Vi presento la Gibson Les Paul Custom VOS R8.
Per me, la chitarra elettrica per eccellenza è sempre stata la Les Paul, e lo dico da fenderista. Il suono che ha formato il jazz e ha fatto la storia del rock è stato in gran parte merito di questa chitarra, assieme alla sua collega e rivale per eccellenza. Il problema è che, pur amando ascoltare il suo suono fra le migliaia di dischi presentati da chitarristi di vario tipo, essa non mi trasmette lo stesso feeling che mi danno una PRS o una Fender. Questa chitarra è bellissima, ma non è fatta per me.
Nel 2011, mio padre sentì l’esigenza di possedere una delle chitarre che aveva sempre sognato fin da giovane, quando i Led Zeppelin lo avevano stregato e portato ad amare profondamente il rock britannico. Il suo obiettivo era quello di trovare una Les Paul che timbricamente si avvicinasse il più possibile a quella del signor Page. Parte così la spedizione: accompagno il babbo in cerca della desiderata per tutto il nord Italia fra svariati negozi, mercatini e privati che propongono i modelli più disparati. Ci portiamo dietro il nostro amplificatore da test (all’epoca un Fender Blues Junior), un bel Blackstar HT drive e passiamo tre mesi alla ricerca di quel dannato suono che pare non avere nessuna delle asce provate. Alla fine, dopo parecchi chilometri macinati e sull’orlo di gettare la spugna (e ne abbiamo provate, credetemi, fra Standard, Traditional, Custom di svariati tipi fra cui la stessa R8, riedizioni, Collector Choice e originali degli anni ’60), mio padre trova online una bella Custom per un prezzo onesto. Mi mostra l’annuncio, poco convinto pure lui, ma propone di darle una possibilità. Prendiamo i contatti con il proprietario, che fortunatamente appare molto cordiale e disponibile, e fissiamo l’incontro.
Arrivato il fatidico giorno, l’ospite entra in casa e con piacevole sorpresa scopriamo che fa parte di una band molto conosciuta nel panorama reggae italiano e veneto. Giunto nella mia stanza musica, apre la custodia rigida riportante la dicitura "Gibson Custom" e mi mostra la sua diletta.
La chitarra ha una verniciatura definita Heritage Cherry Sunburst con un plain top in acero, un corpo in mogano con manico incollato dello stesso legno, una tastiera in palissandro con i tipici intarsi Gibson, due toni e volumi, due pickup humbucker Gibson e switch a tre posizioni più battipenna color crema. Le meccaniche sono delle Gibson Deluxe. La chitarra, a vederla così, non ha assolutamente nulla di speciale: qualche bottarella qui e lì ma cose di poco conto, e il top fortunatamente risulta immacolato.
Ci prepariamo all’ennesima sòla e attendiamo che il jack venga inserito nella chitarra. E qui inizia la magia.
Il ragazzo ci sorride, fa qualche accordo e ci racconta che è stata selezionata accuratamente fra tantissime altre gemelle. Io e mio padre rimaniamo basiti: solo una Les Paul, e dico solo una, originale del 1964 che ci è capitata fra le mani possedeva un simile attacco, dinamica, profondità tonale e timbrica.
Con mano tremante la proviamo entrambi, passano cinque minuti e la chitarra diventa definitivamente nostra. Abbiamo fatto un affare: è costata meno di 2mila euro, suona da paura ed è tutto sommato tenuta bene. Anno di fabbricazione 2008.
Sulla chitarra, la prima cosa che vi posso dire è che pesa. Sulla bilancia, siamo a 4,2Kg. Non sono poi moltissimi, ma sulle spalle dopo due ore di concerto si fa sentire molto bene. Il manico è una mazza da baseball: un paradiso per me, un inferno per mio padre. È verniciato, e come tutti i manici "non nature", il sudore tende a incollare la mano e a rendere meno agiata la sua scorrevolezza.
I puliti sono caldi, corposi, carichi di armoniche, belli spaziali e molto ben definiti. Nella posizione al ponte sono molto brillanti, hanno un po’ di prevalenza sulle alte ma nulla di fastidioso. La posizione centrale è molto interessante e versatile, e abbassando il volume si riescono a estrapolare delle ritmiche funk niente male. La posizione al manico è sicuramente quella meglio riuscita, con basse profonde e molto espressive. Ma la vera differenza di questa chitarra rispetto alle altre sopraggiunge alzando la manopola del gain: la Signora tira giù i muri, senza tanti giri di parole. Questa Les Paul è potentissima, talmente tanto che bisogna stare attenti a feedback e fischi vari, mentre il sustain è infinito. Il suono è un richiamo alle sonorità zeppeliane e sembra implorare per natura di essere suonata con brani come "Rock n Roll" o "Over the hills and far away". Le manopole di volume e tono si comportano egregiamente, anche se scaricando la saturazione si ottiene un pulito un po’ troppo secco, mentre i toni una volta chiusi completamente scuriscono un poco il suono rendendolo intubato e dimezzando il sustain.
Il manico non è fatto per fare le corse: si sente e si vede che la chitarra deve essere usata con anima ed emozione, limitandosi a velocità e virtuosismi piuttosto contenuti. Non è comunque facile da impugnare, e molti amici che l’hanno provata si sono trovati piuttosto a disagio. Peccato anche per lo sbilanciamento generale dello strumento, che tende a far cadere la paletta verso il basso, ma parliamo comunque di inezie. La definizione delle note in alta saturazione non è il suo forte e il suono si impasta facilmente ma, paradossalmente, è proprio questo il bello, che non diventa mai zanzarosa o vetrosa. Inoltre riesce a conservare buona parte del suo calore e della presenza anche durante l’utilizzo di distorsioni votate all’heavy metal.
Qualche lato negativo c’è: alcuni sono stati elencati in precedenza, ma sono roba di poco conto come la differenza di volumi in uscita fra i due pickup. Il problema vero è proprio il feedback generato dal pickup al ponte, che a volte risulta davvero troppo invasivo e presente anche con un noise gate attivo fin quasi a metà corsa. La versatilità di questa Les Paul è limitata, ma quello che deve fare lo fa benissimo.
Infine, la costruzione risulta eccellente e non ho mai avuto problemi di assetto, regolazione delle ottave o problemi di action. le finiture hanno qualche micro problema qui e là, ma nulla di assolutamente vistoso, mentre la vernice è veramente molto sottile e il legno si sfregia molto facilmente.
Insomma, questa Les Paul è bellissima e ben riuscita. Come vi dicevo, ho provati altri modelli dello stesso tipo e ancora oggi con mio padre faccio un salto in negozio portandomela appresso per fare confronti con altre sorelle, siano vintage o Collector Choice. Io devo dire che sono stato davvero fortunato: a oggi non ne ho ancora trovato una che riesca a batterla (finora l'hanno eguagliata due R9 di cui una Historic, una Paul Kossoff, una Artisan degli anni '80 e la '64 di cui vi ho parlato poche righe sopra), e sono contento di rivelarvi che è l’invidia di tanti che l’anno ascoltata.
A oggi il modello R8, causa aumento di prezzo in casa Gibson, supera abbondantemente i 3mila euro andando a collocarsi in una fascia molto elevata e impegnativa. Certo, il prezzo è alto, ma lo strumento è meraviglioso e regala grandi emozioni: se avete la possibilità fateci un pensiero e provatene tante, ma tante! Chissà che anche voi non possiate trovare il vostro Santo Graal!
Voto personale: 9.3 Ricordo che la strumentazione utilizzata è composta da un Kemper Profiler, scheda audio Roland Tri Capture, Logic Pro X.